Un'avventurosa vicenda ambientata in Sardegna, sulle coste dell'Ogliastra, con lo scenario di un mare di incomparabile bellezza. Vincenzo, un ex-nostromo, i suoi nipoti e due loro compagni, uniti da fraterna amicizia organizzano una spedizione che li dovrà condurre, con l'ausilio di un sottomarino, il Triton, a esplorare una grotta in cui è nascosto un favoloso tesoro. Riusciranno Vincenzo e i ragazzi a trovare il passaggio segreto che permetterà loro di raggiungere la "stanza del tesoro"?  Sono, i protagonisti, animati soltanto dal desiderio di soddisfare un bisogno di ricchezza, o quest'avventura nasce anche da sentimenti e valori umani più elevati?

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..................................... L'ex nostromo si trovò fuori dalla palazzina della Capitaneria di porto. Erano da poco passate le dieci. Sulla banchina prospiciente la via Roma, da una mezza dozzina di barche, alcuni pescatori, con cappelli dalle ampie falde e il viso bruciato dal sole, con logori calzoni e magliette dai colori più disparati, stavano scaricando dalle loro imbarcazioni il pescato, frutto di una lunga e faticosa notte di lavoro. Visibilmente stanchi lo porgevano ad un gruppo di allegri giovani vocianti che lo caricava su un vecchio camion, di cui era difficile stabilire il colore originario della vernice tante erano le chiazze di differenti colori che ricoprivano la logora e ammaccata carrozzeria. Vincenzo si fermò. Era più forte di lui. Quando scendeva a Cagliari gli piaceva fare una puntata al porto.. Gli piaceva guardare il mare, le barche dei pescatori, le reti stese sulle banchine mentre venivano riparate da abili mani di gente intrepida avvezza a ingegnarsi per strappare al mare un magro sostentamento per sè e per le proprie famiglie. Guardava con interesse e una punta di nostalgia il carico e lo scarico delle merci dalle navi provenienti dai luoghi più disparati; lo incuriosiva la presenza di anziani e giovani seduti ai bordi delle banchine con la canna o la lenza in mano in attesa che qualche sparlotta o ghiozzo abboccasse. Insomma lo affascinava la vita frenetica, rituale e, per certi versi, misteriosa dei porti. Quanti ricordi affiorarono alla sua mente! Senza accorgersene prese dal taschino della maglietta il suo inseparabile pacchetto di sigarette Alpha, la marca più economica allora messa in circolazione dai Monopoli di Stato. Con gesto quasi meccanico ne accese una e aspirò con avidità alcune boccate di fumo; diede un'ultima occhiata al porto, si voltò e si diresse a passo spedito verso la stazione principale delle Ferrovie Complementari della Sardegna, in viale Bonaria. Si sentiva euforico. Ripensò al colloquio avuto poco prima con il comandante Fancello e non gli sembrò vero che potesse avere raggiunto il suo scopo. Eh sì, solo con un sottomarino poteva sperare di raggiungere la grotta. "può essere un'impresa difficile", pensava l'ex-nostromo " ma ora ho ciò che serve per riuscirci!"  Era troppo contento. Non riusciva a stare nella pelle. Desiderava tornare al più presto a casa. Fischi acuti laceravano l'aria circostante , indicando l'arrivo, la partenza dei treni o semplicemente le loro manovre all'interno della stazione adibita a deposito principale dei convogli delle Ferrovie Complementari. C'erano tante persone che andavano e venivano dalla stazione, molte delle quali cariche di bagagli, e si incanalavano in un flusso ondoso colorito dagli schiamazzi dei facchini, i pianti dei bambini stanchi di stare in piedi in quella calca, il vociare di parlate differenti, segno inequivocabile di provenienze da località diverse, anche le più remote, dell'isola. Completavano questa festosa baraonda le urla di venditori delle bancarelle che offrivano le loro tipiche, ma ormai usuali, mercanzie. Vincenzo giunse all'ingresso costituito da tre ampie arcate a vetri smerigliati. Si fece largo tra la ressa e giunse al bar della stazione. Ordinò un caffè, comprò il quotidiano "L'Unione Sarda" e se lo mise sotto il braccio dirigendosi verso il binario dove era in partenza il treno delle dieci e cinquanta diretto ad Arbatax, il porto di Tortolì posto sulla costa centro-orientale della Sardegna.  La locomotiva a vapore, sulla testa del convoglio, sbuffava impaziente. L'anziano nostromo salì il predellino di una carrozza del treno e si trovò all'interno di uno scompartimento pieno di passeggeri. Si fece largo in quella calca, raggiunse lo scompartimento della prima classe e si accomodò in un posto libero con il finestrino dalla parte opposta alla banchina. .................................................Alle dieci e cinquanta in punto la motrice lanciò un sibilo acuto mentre sbuffi di fumo uscivano dal fumaiolo. Il treno cominciò a muoversi tra lo sventolio di fazzoletti e agitar di mani dai finestrini del convoglio e dalla banchina. Un leggero vento di scirocco impregnato di umidità rendeva più opprimente la calda giornata. Molti passeggeri aprirono i finestrini con la segreta speranza che la circolazione d'aria potesse dare loro un po' di refrigerio. Il lungo serpente di carrozze stipate di passeggeri e di agoni merci, sferragliando, fischiando e sbuffando si trovò in aperta campagna. E Vincenzo si assopì. Ecco apparire il cargo alla deriva in mezzo alla bufera; la scialuppa con i naufraghi del George King. E l'altra scialuppa lottare contro il mare in burrasca; il salvataggio dei due superstiti con l'approdo sugli scogli in prossimità della grotta. Ma la grotta non c'è più? Oh sì! La grotta c'è! Ma l'ingresso è ostruito! Ma con il Triton.... Si destò di soprassalto che il treno arrancava rumorosamente tra silenziose catene montuose, aspre e incontaminate, tra maestosi e impenetrabili boschi millenari. Dirigendosi a sud dopo aver superato una delle più belle foreste dell'isola, quella di Montarbu, descrivendo un ampio semicerchio, il convoglio riprese la sua marcia diretto a nord in un paesaggio incantevole; raggiunta l'ansa più meridionale del lago Alto del Flumendosa il cavallo di ferro entrò nell'Ogliastra, terra punteggiata qua e là da olivi selvatici, detti "oleastru", da cui prende il nome la regione. Si respirava già l'aria fresca di mare proveniente dalla costa orientale ormai non lontana. Il treno, quasi avesse ripreso slancio, percorrendo rapidamente le dolci pianure ricoperte di vigneti, di frutteti, di grano intervallate da pietraie incolte, punteggiate di lentischio e di cisto, raggiunse Tortolì. .............................Il Trìton si era fermato in una strozzatura della galleria a profondità di circa dieci metri. Vincenzo e Laura si trovarono a nuotare nella fresca acqua nel silenzio più assoluto infranto solo dal rumore delle bolle d'aria che fuoriuscivano dagli erogatori. Nuotavano lentamente esplorando con attenzione le pareti della galleria che saliva obliquamente per poi sbucare in un piccolo lago. I due furono raggiunti da Franco e Gabriel proprio quando stavano per emergere dall'acqua. La volta della cavità era alta e a cupola e da essa scendevano splendide stalattiti che illuminate dalle torce creavano bizzarri giochi di luci e ombre. «Eccoci!» echeggiò la voce eccitata ed esultane di Pirata che guardandosi intorno diresse il fascio di luce della pila verso il fondo della grotta. Si avvicinò a una grossa stalagmite a forma di fungo che si ergeva in prossimità del lago e ci appoggiò l'attrezzatura subacquea appena tolta di dosso, subito imitato dai tre ragazzi.  «È questala Sala del Cane?» domandò Laura con evidente stupore, volgendo lo sguardo tutt'intorno.  «Venite!» disse per tutta risposta il nonno inoltrandosi nella caverna. I tre ragazzi lo seguirono silenziosi.  «Nonno!|» esclamò con voce tremula. «Che cos'è?» Un'ombra scura con un leggero fruscio si era mossa verso una fenditura, sulla parete alla loro sinistra, a distanza di una decina di metri.  «È la foca monaca!» disse Vincenzo puntando a pila nella direzione del grazioso cetaceo. Questo si fermò. Rivolse lo sguardo ai nuovi venuti e i suoi occhi luccicarono alla luce delle torce. Non aveva paura dei novi arrivati. Poi senza fretta si allontanò quasi saltellando verso il lago e si udì distintamente il tonfo nell'acqua.  «Che graziosa!» disse la ragazza. «Sembra la stessa foca di quella sera!» osservò Pirata.  «Sembra che dimori nei paraggi. Forse non è sola!»  «Potrebbe esserci l'intera famigliola?» chiese con vivo interesse Gabriel.  «Credo proprio di sì» annuì il pensionato incamminandosi.  «Pirata» intervenne Franco «avevi proprio ragione a pensare che c'era un passaggio che collegava questo lago con il mare. Direi che hai avuto un grande intuito!» «Eh sì»asserì il nonno «ma ce n'è voluto per trovarlo!» La volta e le pareti della caverna si incrociavano con colonne e strane volute convergenti verso un'apertura ad arco. L'ex-nostromo la oltrepassò seguito dai tre giovani che osservavano con vivo interesse ogni particolare della caverna. La luce della sua pila illuminò una stalagmite dalla forma curiosa affiorante dal pavimento. «Ecco il cane!» disse ad alta voce Vincenzo e la sua voce riecheggiò nella caverna. I ragazzi si avvicinarono e osservarono estasiati la stalagmite. Ma la loro attenzione fu richiamata subito dopo da un'altra visione a pochi passi di distanza. Su una roccia calcarea sopraelevata a forma di palchetto si stagliavano le sagome di tre casse, che alla luce delle torce, proiettavano molteplici ombre lunghe sul pavimento e sulla parete di fronte. I quattro silenziosamente si avvicinarono disponendosi a semicerchio attorno al palchetto. L'atmosfera era irreale. Quattro figure, in tenuta subacquea col volto ancora grondane di acqua, incredule, volgevano lo sguardo alle casse. Poi si guardarono l'un l'altro. Cosa passava nella mente dei tre ragazzi? E in quella di Vincenzo? Aveva trascorso undici lunghi anni inseguendo un sogno che ora era diventato realtà: arrivare nella sala del tesoro! Quale era il suo stato d'animo? Gioia, contentezza, stupore, incredulità, soddisfazione e chissà cos'altro! Un turbinio di immagini del passato scorse velocemente nella mente dell'ex-nostromo lasciando il posto ad altre nuove visioni della vita futura dei ragazzi, come egli desiderava che fosse e...poi.... vide Lucia correre, pescare e nuotare con loro e...  Le tre casse erano ricoperte da uno strato umido, bianco giallognolo con riflessi verdastri, dovuto all'umidità e al deposito calcareo dell'acqua che cadeva dalla volta sovrastante. Vincenzo sfoderò il coltello dalla guaina assicurata al polpaccio della sua gamba sinistra e si avvicinò a una delle due casse grandi. ...............

 

 
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